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Scuola e insegnanti di sostegno: come fare richiesta per la continuità didattica

Nell’articolo di oggi, che riprende quando pubblicato dal sito Money.it, vi forniamo tutti i dettagli a proposito della riforma degli insegnanti di sostegno e del modello da compilare per richiedere l’assegnazione della stessa supplenza dell’anno precedente appellandosi al diritto alla continuità didattica.

Ecco l’articolo che riprendiamo integralmente:

Il CIIS (Coordinamento Insegnanti Italiani di Sostegno) ha infatti pubblicato il Fac-Simile che i genitori di un bambino con difficoltà nell’apprendimento devono presentare alla scuola per chiedere che al proprio figlio venga assegnato lo stesso supplente dell’a.s. 2016-2017.

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Con l’inizio dell’anno scolastico infatti verrà attuata una delle novità più importanti dalla riforma del sostegno, attuata dal D.Lgs 66/17 approvato dal Consiglio dei Ministri nei mesi scorsi, ovvero quella che prevede la conferma dei docenti di sostegno precari in casi particolari.

Una novità introdotta non tanto per tutelare i precari del sostegno, quanto per assicurare la continuità didattica-educativa degli alunni. Infatti, uno studente con disabilità se affidato ogni anno ad un insegnante di sostegno differente ci metterà di più ad apprendere, poiché bisogna considerare la fase di adattamento ai metodi del nuovo docente.

La continuità didattica è un diritto importante per tutti gli studenti, figuriamoci per quelli affetti da un disturbo per il quale è riconosciuto il sostegno.

Ecco perché nella riforma del sostegno è stata data molta importanza alla continuità didattica; è bene specificare però che il Dirigente Scolastico non è obbligato ad assumere il “vecchio” supplente per garantire la continuità didattica, ma deve farlo solamente qualora ne rilevi la necessità.

Saranno i genitori – e non gli insegnanti – a presentare la richiesta, compilando il modulo (di seguito potete scaricare il Fac-Simile) messo a disposizione dal CIIS.

La riforma del sostegno lascia ai genitori l’iniziativa della richiesta di continuità didattica; sono questi infatti a dover presentare la domanda al Dirigente Scolastico chiedendogli di assegnare la supplenza allo stesso docente precario che nell’anno scolastico 2016-2017 è stato affiancato a loro figlio.

Il futuro del docente precario, quindi, è in mano a genitori e al Dirigente Scolastico, poiché è quest’ultimo a dover valutare l’effettiva necessità dell’alunno nell’essere affiancato dallo stesso insegnante di sostegno. Solamente se sussistono le condizioni per la garanzia della continuità didattica potrà esserci la conferma del docente.

A tal proposito, nella richiesta i genitori dovranno confermare che l’insegnante di sostegno ha “contribuito a favorire i processi di apprendimento, di socializzazione, di relazione e di comunicazione di nostro/a figlio/a, stabilendo con lui e con i suoi compagni di classe un’intesa positiva”.

Se il Dirigente Scolastico a sua volta accerterà la necessità dello studente nell’essere seguito dallo stesso docente, proporrà al supplente – non prima dell’avvio delle lezioni – di prolungare per un altro anno il contratto a tempo determinato.

Insomma, la continuità del progetto educativo e didattico è in mano a genitori e DS; l’insegnante di sostegno precario non deve far altro che incrociare le dita e sperare che quanto fatto di buono nell’anno scolastico precedente sia stato riconosciuto dai genitori.

Autismo, valutazione dell’invalidità civile tra minori

Riceviamo e pubblichiamo:

Qual è il comportamento più adeguato ed utile da tenersi nella non semplice e serena evenienza correlata alla valutazione della invalidità civile relativa a soggetti (nel caso di specie trattasi prevalentemente di minori vista l’età di prima diagnosi)  che presentino problematiche di carattere neuro-psicopatologico facenti riferimento a quell’insieme variegato di situazioni, a diverso grado di gravità, oggi rientranti in quel complesso psicopatologico definito di spettro autistico ( DSA secondo DSM-5)?

Tale bisogno trae la sua fonte dalla lettura di un insieme piuttosto cospicuo di riflessioni ed istanze, ovviamente prevalentemente genitoriali, rappresentate on line e tramite interscambio di mail sulle personali esperienze maturate e dalla constatazione come, pur a fronte di apparenti similari condizioni di partenza, ne conseguano poi effetti diversificati sul piano del riconoscimento e delle eventuali provvidenze connesse ed erogabili.

Dico subito che trattasi di una materia non solo concettualmente complessa ed articolata ma di un contesto di situazioni tra di loro solo in parte apparentemente codificabili e categorizzabili secondo semplici ed ordinate schematizzazioni. In un tempo in cui lo scambio informativo tramite la rete permette di poter accedere ad un ventaglio ampio di situazioni ampiamente diversificato (peraltro non sempre altrettanto controllate e validate) occorre tener presente come non sia altrettanto semplice conformare i risultati altrui alla propria personale casistica di bisogno.

Proprio per quanto accennato, difficilmente simili complessi quadri di patologia tendono a confluire in tipologie sovrapponibili e quindi è richiesta una attenta, definita analisi e caratterizzazione di ogni singolo caso trattato, appare evidente come le strutture medico legali deputate alla formale valutazioni dei casi a loro presentati tendano doverosamente ad attenersi a criteri metodologici e ad orientamenti valutativi in qualche misura omogenei che traggono la loro base da criteri generali che debbono soddisfare, allo stesso tempo, un solido impianto scientifico quanto una marcata disanbiguità nei termini intrinsecamente esplicativi. Ciò al fine di ridurre al massimo grado eventuali termini di contenziosità, conseguente a differenziazione interpretativa, quanto a produrre eguaglianza ed equanimità nel rispetto del diritto. Ovvero a riconoscere a ciascheduno quanto dovuto in forza della specifica situazione documentata. In tal senso pare opportuno fare riferimento alla Comunicazione tecnico scientifica AUTISMO ** del Coordinamento generale Medico Legale dell’INPS (documento facilmente acquisibile in rete) che risulta al presente l’elemento base di comportamento interpretativo prevedibile a fini valutativi da parte di chi chiamato a definire i singoli concreti casi in giudizio.

I limiti della presente nota non permettono alcun richiamo alle normative di legge che delimitano il campo dei diritti in tema di invalidità civile e delle ulteriori definizioni di handicap ma appare chiaro come il processo formale di accertamento prende avvio (formale domanda) su istanza diretta dell’interessato o, nel caso, da chi per lui, processo che quindi evidentemente trae origine da una preesistente chiara consapevolezza della problematica sanitaria per la quale si ritiene di rientrare nello specifico campo di previsione (invalido, handicap).

Consapevolezza che, pur originandosi dalla diretta esperienza personale e dal vissuto in prima persona maturato, chiaramente non può fermarsi a questo (l’evidenza per quanto manifesta non è mai sufficiente !) ma deve trovare corrispondenza in una documentazione sanitaria coerente in grado di rappresentare in modo indiscutibile la situazione presente che si ritiene essere alla base della menomazione individuale generante ridotta validità o ostacolo o infine necessitante di supporto assistenziale.

Pervenendo al passo della richiesta di valutazione della propria condizione in genere dopo una più o meno lunga ed articolata sequela di valutazioni clinico specialistiche, risulterebbe di estrema utilità avere piena documentazione di tale excursus sanitario da rappresentare al collegio valutante. La problematica spesso (impropriamente) sollevata circa il contesto di provenienza della documentazione sanitaria, privato/pubblico, appare un falso problema alla luce del fatto che esiste un pieno diritto a scegliersi il proprio sanitario di fiducia e quindi la vera discriminante è data dalla intrinseca veridicità, chiarezza ed autorevolezza di quanto certificato. La preferenzialità concettualmente accordata a certificazioni provenienti da struttura pubblica, fatto pur vero, appare tuttavia marginale (N.B. talvolta anche le certificazioni pubbliche vengono disattese senza confronto paritario. Si sta peraltro tendendo una politica di coordinamento tra strutture certificanti e quelle valutanti che sgombri il campo da tali inopportuni ed incomprensibili contrattempi). Di fatto si perviene alla valutazione formale avanti al collegio medico dopo la domanda e presentando una documentazione sanitaria definita attestante la condizione da cui consegue l’individuale classificazione del grado di invalidità e o di handicap nonché la valutazione di talune rilevanti condizioni accessorie (bisogno individuale assistenziale). Trattandosi di soggetti minori, non ancora in previsione lavorativa, risulta inopportuno e sostanzialmente prematura la gradazione del livello di invalidità (1-100%) che pertanto non viene rappresentata, quanto invece appare rilevante il grado di gravità dello specifico caso da cui conseguono una serie di possibili previdenze (handicap grave, indennità di accompagnamento o frequenza). L’ulteriore aspetto ricorrente in tali situazioni riguarda la rivedibilità del soggetto invalido, termine che consegue alla considerazione di una intrinseca possibilità evolutiva migliorativa (o ad una insufficiente/incompleta al momento definizione del caso in esame). In ragione di ciò i casi definibili più gravi e quindi prognosticamente sfavorevoli dovrebbero unicamente essere rivisti alla maggiore età per avere una definitiva valutazione del grado invalidante e delle provvidenze assegnate (evitando inopportune quanto infruttuose nuove valutazioni). Quindi il criterio differenziale per l’approvazione di specifiche provvidenze (indennità di frequenza / indennità di accompagnamento) è sotteso unicamente dalla definizione di gravità intrinseca del caso considerato, dandosi per acclarato come a diversi gradi di gravità conseguano ben differenziati carichi e necessità di supporto assistenziale non solo di carattere specifico professionale sanitario quanto comune e quotidiano (e quindi direttamente coinvolgente l’impegno genitoriale-familiare). Su tale preciso aspetto su cui spesso si rilevano i maggiori dubbi e contrasti come pure incomprese disattenzioni appare opportuno fare riferimento, circa i comportamenti assunti dai collegi medici valutanti. Per quanto lo sviluppo del procedimento medico legale valutativo dal momento della presentazione della domanda iniziale si sviluppi in modo, diremmo, standardizzato (ed a volte percepito come freddamente spersonalizzante) da parte della struttura competente (tempi e modi di valutazione) senza che il soggetto oggetto di valutazione nulla faccia se non passivamente assistervi collaborando, pare sempre opportuno in una simile pratica affidarsi ad un proprio consulente di fiducia (di scelta, patronato, ecc.) in grado di predisporre, accompagnare e valutare in corso d’opera tutto il processo, magari anche presenziando alle fasi materiali della valutazione stessa (spesso vissuto come momento critico del processo stesso) tenuto conto come i promotori del processo valutativo hanno perfettamente il diritto di comprendere quanto fatto ai fini della valutazione stessa. L’avere una propria personale prevalutazione circa il diritto perseguito (ovvero cosa fondatamente mi aspetto di ottenere) conduce poi, a risultato formale ottenuto, a meglio considerare se sussistano elementi di dubbio e o di contrasto (ed in quale misura) circa la complessiva problematica. E con ciò valutare l’opportunità di eventuali azioni di contrasto successive. Se quanto formalmente ottenuto coincide sostanzialmente con quanto perseguito null’altro vi è da fare. Altrimenti se la discrepanza risultasse significativamente oggettiva e macroscopica, l’opposizione in termini legali avanti al Giudice competente appare l’inevitabile conseguenza.

La previsione di aggravamento considera una diversa situazione ovvero come le condizioni cliniche del soggetto  e in particolare del quadro che sostiene la situazione di difficoltà vadano incontro ad un peggioramento ovvero ad una diversa definizione in termini prognostici più gravi. Aspetti che debbono risultare documentati al pari di quanto in sede iniziale rappresentato. In tal caso parte un nuovo processo di valutazione che ripercorre le tappe già richiamate.

Può poi essere infine il caso che un eventuale procedimento di revisione,, sia predeterminato che estemporaneo da parte dell’istituto previdenziale possa comportare un diverso risultato con conseguenze pratiche (ad es. la revoca della concessione di un assegno di accompagnamento in precedenza assegnato e la sua conversione in indennità di frequenza. Ovviamente anche la condizione simmetrica ma in questo caso risultato difficilmente rigettato).

E’ del tutto evidente come processi di cambiamento debbano trovare corretta ed esplicita giustificazione a fronte di elementi caratterizzanti il quadro di base. Vale anche per tali fatti o la silente acquisizione del dato disposto o l’opposizione formale legale. Vale per tale specifica condizione il fatto di farsi assistere in sede di dibattito tecnico (spesso il Giudice incarica un consulente tecnico di propria fiducia, CTU, rispetto al quale le parti in contrasto rappresentano le rispettive posizioni a sostegno e difesa) da proprio consulente di fiducia.

In ogni caso credo si debba porre attenzione e prudenza rispetto qualsivoglia atto si intenda perseguire, che  non esistono mai  situazioni semplici e di intrinseca lampante indiscutibile definizione e che si banalizzi un importante istituto di diritto sociale “tanto al massimo mi verrà dato torto”. Nel perseguimento di diritti occorre sempre una estrema serietà e decisione lucida che poggia su una piena consapevolezza seriamente ponderata. E’ legittimo attendersi eguale serietà e competente applicazione da parte di chi deputato a trattare tali processi che, mai banali pratiche burocratico amministrative, incidono sempre significativamente sulla dignità e nel vissuto di persone fragili.

In definitiva l’accesso ad una delle conseguenze più spesso perseguite e considerate come “ragionevole diritto rispetto alla disgrazia che mi ha direttamente colpito”, l’indennità economica di accompagnamento, indipendentemente dall’evidente particolare impegno di supporto e o assistenza che tali condizioni sempre caratterizzano appare correlabile con le condizioni patologiche di più elevato livello di gravità intrinseca. Livello di gravità desumibile dalle parametrazioni indicate nel riferimento scientifico del DSM 5 (il livello 3 viene considerato come quello maggiormente corrispondente alle situazioni di più elevata necessità assistenziale;per il livello 2 la valutazione appare più indefinita in relazione alla caratterizzazione dello specifico caso) e che possono altresì tenere conto della valutazione delle capacità adattative del soggetto espresse secondo VABS – Vineland adaptative behaviour scale, ovvero in definitiva a condizioni opportunamente richiamate ed indicate nella documentazione specialistica inquadrante il caso singolo.

** https://www.inps.it/docallegatiNP/LIstituto/strutturaorganizzativa/attivit%C3%A0professionale/Documents/competenze_mlegale/Comunicazione_INPS_autismo.pdf, http://www.handylex.org/gun/autismo_accertamento_circolari_indicazioni_INPS.shtml