Nuovi modelli di PEI – i Gruppi di Lavoro Operativi
Grazie agli spunti e al testo di Graziella Roda sul PEI, intendiamo riprendere altri punti relativi al GLO (i Gruppi di Lavoro Operativi), e nello specifico:
– La tempistica dei lavori
– partecipazione da remoto
– La partecipazione degli alunni certificati della scuola secondaria di II grado
– Il principio di autodeterminazione
- a)Tempistica dei lavori del GLO
Il GLO si riunisce almeno 3 volte l’anno: all’inizio per elaborare il PEI entro il 30 ottobre come scadenza massima (cioè non oltre il 30 ottobre); a metà anno per la verifica intermedia; a fine anno per la verifica finale e la stesura del PEI provvisorio per l’anno successivo, entro il 30 giugno come scadenza massima.
Vi possono essere certamente delle situazioni oggettive nelle quali si va oltre il termine del 30 ottobre. Ad esempio l’allievo arriva ad anno scolastico iniziato o viene certificato in corso d’anno scolastico. Oppure ha un improvviso peggioramento che richiede una revisione completa del PEI già impostato (ci sono anche ragazzi con problemi di salute importanti dentro il quadro delle certificazioni). Sono tutte condizioni che vengono registrate nel PEI stesso.
In caso di un eventuale obbligo di redazione del PEI in un form nella piattaforma SIDI, la possibilità di inserimenti dopo il 30 ottobre non potrà ovviamente essere proibita.
- b)Possibilità di partecipazione da remoto
Ovviamente il COVID ha portato a tutta una serie di modifiche nell’assetto delle riunioni e degli incontri, ivi compresi quelli del GLO. La possibilità di partecipazione da remoto dovrebbe rimanere anche quando la minaccia COVID dovesse attenuarsi, soprattutto per i rappresentanti delle ASL che non riuscivano più, per i carichi di lavoro, a spostarsi da scuola a scuola per fare gli incontri in orario post scuola. Quindi o chiedevano i GLO nelle sedi ASL oppure li svolgevano in orario scolastico quindi necessariamente con soltanto alcuni docenti e gravi difficoltà per i genitori impegnati al lavoro. Certamente è sempre bene vedersi di persona, ma incontrarsi on line è meglio di niente.
- c)partecipazione ai lavori del GLO dei ragazzi certificati della scuola secondaria di II grado
Cosa dice il decreto? “È assicurata la partecipazione attiva degli studenti e delle studentesse con accertata condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica nel rispetto del principio di autodeterminazione”.
Cosa dicono le Linee Guida? “Partecipazione delle studentesse e degli studenti
Come affermato al comma 11 del novellato articolo 15 della Legge 104 del 1992, nelle scuole secondarie di secondo grado è assicurata la partecipazione attiva delle studentesse e degli studenti con disabilità al GLO che le/li riguarda, nel rispetto del principio di autodeterminazione, sancito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. In particolare, si avrà cura di sviluppare «processi decisionali supportati», ai sensi della stessa Convenzione ONU (CRPD).
A seconda delle situazioni, l’effettiva possibilità di partecipare agli incontri può essere garantita anche considerando un percorso di autonomia e responsabilizzazione da sviluppare gradualmente, stimolando la consapevolezza, nella massima misura possibile, del diritto di autodeterminazione. Qualora si dovesse verificare un eventuale rifiuto a partecipare all’incontro per fattori personali o per altre motivazioni, sarebbe opportuno trovare altre modalità di coinvolgimento al fine di promuovere la massima partecipazione rispetto a una progettazione educativa rivolta a loro, considerando la prospettiva di autonomia della vita adulta e il principio di autodeterminazione definito dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che sancisce: «Il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale – compresa la libertà di compiere le proprie scelte – e l’indipendenza delle persone»
- d)il principio di autodeterminazione
Forse vale la pena di soffermarsi su questo “principio di autodeterminazione” perché a senso ci pare tutti di capire di cosa si tratta ma rifletterci è meglio.
Nel PEI dovrà essere descritto l’ambiente di apprendimento in cui ciascun alunno potrà sviluppare al meglio gli obiettivi fissati per lui.
Allo stesso modo, quando si afferma che la progettazione educativa deve considerare il principio di autodeterminazione, è bene sapere di cosa si tratta, per poter richiedere gli obiettivi corrispondenti nel PEI.
Innanzi tutto il “principio di autodeterminazione” inteso come capacità di scelta autonoma ed indipendente dell’individuo è di recente comparsa sulla scena pubblica e non in relazione alle persone con disabilità, ma in collegamento con le lotte delle donne
Nel mondo della disabilità questo principio si accompagna sempre alla dizione “vita indipendente”.
Quindi parliamo di una programmazione educativa e didattica che sviluppi quelle capacità che danno attuazione al principio di autodeterminazione e alla conduzione di una vita indipendente (e autonoma).
«Vita Indipendente ha a che fare con l’autodeterminazione. È il diritto e l’opportunità di perseguire una linea di azione ed è la libertà di sbagliare e di imparare dai propri errori, esattamente come le persone che non hanno disabilità. Vita Indipendente riguarda soprattutto le persone con disabilità e tuttavia chi la persegue sa che attorno a ogni persona con disabilità che sia libera, si aprono spazi di libertà per madri, padri, fratelli, sorelle, figli, figlie, mogli, mariti, compagne, compagni, amiche, amici con esse in relazione».
(Dal Manifesto per la Vita Indipendente, ENIL Italia).
Adattando un testo inglese (M.L.Wehmeyer, A Functional Model of Self-Determinatio; Describing Development and Implementing Instruction, Focus on Autism and Other Developmental Disabilities, 1999) cito le seguenti aree in cui si concretizza l’autodeterminazione. Queste aree, ripeto, devono diventare tanti capitoli della programmazione del PEI.
– Autonomia comportamentale e comportamento autoregolato
– Autorealizzazione
– Empowerment psicologico e speranza appresa
Autonomia comportamentale significa essere capaci di stare in modo appropriato in un contesto. Il comportamento autoregolato comprende l’uso di strategie di auto-gestione (auto-monitoraggio, auto-istruzione, auto-valutazione e auto-rinforzo), la definizione di obiettivi realistici da raggiungere, l’orientamento al risultato, la capacità di soluzione dei problemi, di compiere delle scelte e prendere decisioni. autorealizzazione significa avere delle idee su se stessi e sviluppare i percorsi necessari a realizzarle.
Più complessa è la riflessione sull’empowerment psicologico: significa potenziare la capacità delle persone di credere in se stesse, di poter essere artefici del proprio destino (almeno in parte). La speranza appresa è il contrario dell’impotenza appresa, che caratterizza tanta attività di supporto alle persone con disabilità. L’essere costantemente vicariati e sostituiti, mentre altri fanno delle cose al posto loro anziché impegnarsi a insegnargli a fare da soli (con i necessari supporti), porta le persone con disabilità, di qualsiasi età, a “rannicchiarsi” in se stessi, a lasciar fare agli altri, ad evitare la fatica di cercare di fare da soli, per quanto possibile. Quindi il supporto vicariante finisce per le persone con disabilità per essere un elemento di involuzione o di non evoluzione.
Attenzione: per quanto impopolare possa essere quello che sto per dire, anche l’eccessivo supporto a scuola tende a rendere i ragazzi dipendenti dall’adulto. Con ciò condannandoli, nella vita dopo la scuola, ad un assistenzialismo perenne.
Il problema è che vi sono insegnanti ed educatori che non sanno come sviluppare le capacità degli alunni nei vari campi, compresa la fiducia in se stessi e la voglia di mettersi in gioco. E quindi li sostituiscono sentendosi con ciò anche molto buoni e in pace con la propria coscienza.
Non si diventa autonomi a venti anni o a trenta. Si comincia a 3 anni, per quanto, in quanto e come possibile.
Un ambiente di apprendimento adeguato deve prevedere le possibilità, i supporti, le occasioni, per imparare a fare da sé.