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Nuovi modelli PEI: Certificazione delle competenze, debito di funzionamento e tabella fabbisogni

Torniamo sull’argomento “Nuovi modelli PEI” grazie ad un ulteriore approfondimento a cura di Graziella Roda. Riportiamo di seguito un articolo da lei scritto su certificazione delle competenze, debito di funzionamento e tabella fabbisogni.

  1. Certificazione delle competenze (sezione 10 del PEI)

“La certificazione delle competenze per il primo ciclo è regolata dal DLgs 62/2017, art. 9, e dal conseguente DM 742/17; per il secondo ciclo si fa ancora riferimento al DM 139 del 2007 e al DM 9 del 2010”.  Così recitano le linee guida. Quindi, in poche parole, il primo ciclo ha una strutturazione recente mentre il secondo ciclo no.

Di cosa stiamo parlando? Gli insegnanti lo sanno ovviamente, ma i genitori possono non avere ben chiara la genesi di questo aspetto valutativo.

Per il primo ciclo di istruzione (fino alla scuola secondaria di I grado compresa) questi sono i riferimenti normativi.

Il Decreto Legislativo 13 aprile 2017 n. 62 Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera i), della legge 13 luglio 2015, n. 107. (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/05/16/17G00070/sg )

è uno dei decreti applicativi della Legge 107/2015, come dice l’intitolazione stessa.

Seguono i due Decreti ministeriali emessi in data 3 ottobre 2017: il n.741 “Esame di Stato conclusivo del I ciclo di istruzione” ( https://www.miur.gov.it/-/d-m-741-del-3-10-2017-esame-di-stato-conclusivo-del-primo-ciclo-di-istruzione ) e il n.742 “Finalità della certificazione delle competenze” (https://www.miur.gov.it/-/d-m-742-del-3-10-2017-finalita-della-certificazione-delle-competenze-).

“La certificazione delle competenze descrive i risultati del processo formativo al termine della scuola primaria e secondaria di primo grado, secondo una valutazione complessiva in ordine alla capacità di utilizzare i saperi acquisiti per affrontare compiti e problemi, complessi e nuovi, reali o simulati”. (DM 742/2017 art. 1 comma2)

Al decreto 742/2017 sono allegati due modelli di certificazione delle competenze, uno per la scuola primaria e uno per la scuola secondaria di I grado.

Inoltre, nel pacchetto di norme citato, vi è il riferimento alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del I ciclo di istruzione (http://www.indicazioninazionali.it/wp-content/uploads/2018/08/Indicazioni_Annali_Definitivo.pdf )

Nelle linee guida si precisa quanto segue:

Il modello nazionale del primo ciclo è unico e non modificabile e va pertanto utilizzato anche per alunne e alunni con disabilità. Poiché per loro la valutazione degli apprendimenti, in qualsiasi forma venga proposta, deve essere sempre coerente con il PEI, il DM 742 consente di intervenire con annotazioni che rapportino il significato degli enunciati di competenza agli obiettivi specifici, intervenendo sia rispetto alle competenze o ai loro descrittori, sia rispetto ai livelli raggiunti

Il modello è unico, ma può essere “adattato” ai singoli alunni.

“In alcuni casi il modello di certificazione ufficiale, se assolutamente non compatibile con il PEI, può essere lasciato in bianco, motivando la scelta nelle annotazioni e definendo lì i livelli di competenza effettivamente rilevabili”.

Infine si ribadisce che la certificazione delle competenze è, come la valutazione degli apprendimenti, compito del Consiglio di Classe non del GLO.

Per la scuola secondaria di II grado i passaggi normativi sopra citati non sono stati effettuati, per cui si fa ancora riferimento alle norme precedenti:

il Decreto Ministeriale 22 agosto 2007 n. 139 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione” (https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/dm139_07.shtml )

e il Decreto Ministeriale 27 gennaio 2010 n.9 che dirama i modelli di certificazione dei livelli di competenza raggiunti nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione (https://www.disal.it/objects/Pagina.asp?ID=11667 ).

Le linee guida ripetono quanto già detto nel primo ciclo (senza la prescrittività dei modelli) e aggiungono che “alla certificazione delle competenze non si applicano le considerazioni sulla validità del percorso ai fini del conseguimento del titolo di studio (percorsi differenziati o prove equipollenti)”.

L’unica cosa da aggiungere è la segnalazione di un altro vuoto normativo, che riguarda la generalità degli alunni delle scuole secondarie di II grado.

  1. Modelli allegati al PEI: debito di funzionamento e tabella fabbisogni

La sezione 11 del PEI è dedicata alla verifica finale e alle proposte per le risorse professionali.

In tutte le varie articolazione del PEI è prevista la fase di verifica, ed è indicato lo “spazio” in cui registrarne gli esiti.

Nelle linee guida si precisa quanto segue:

Il modello nazionale del primo ciclo è unico e non modificabile e va pertanto utilizzato anche per alunne e alunni con disabilità. Poiché per loro la valutazione degli apprendimenti, in qualsiasi forma venga proposta, deve essere sempre coerente con il PEI, il DM 742 consente di intervenire con annotazioni che rapportino il significato degli enunciati di competenza agli obiettivi specifici, intervenendo sia rispetto alle competenze o ai loro descrittori, sia rispetto ai livelli raggiunti

Il modello è unico, ma può essere “adattato” ai singoli alunni.

“In alcuni casi il modello di certificazione ufficiale, se assolutamente non compatibile con il PEI, può essere lasciato in bianco, motivando la scelta nelle annotazioni e definendo lì i livelli di competenza effettivamente rilevabili”.

Infine si ribadisce che la certificazione delle competenze è, come la valutazione degli apprendimenti, compito del Consiglio di Classe non del GLO.

Per la scuola secondaria di II grado i passaggi normativi sopra citati non sono stati effettuati, per cui si fa ancora riferimento alle norme precedenti:

il Decreto Ministeriale 22 agosto 2007 n. 139 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione” (https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/dm139_07.shtml )

e il Decreto Ministeriale 27 gennaio 2010 n.9 che dirama i modelli di certificazione dei livelli di competenza raggiunti nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione (https://www.disal.it/objects/Pagina.asp?ID=11667 ).

Le linee guida ripetono quanto già detto nel primo ciclo (senza la prescrittività dei modelli) e aggiungono che “alla certificazione delle competenze non si applicano le considerazioni sulla validità del percorso ai fini del conseguimento del titolo di studio (percorsi differenziati o prove equipollenti)”.

L’unica cosa da aggiungere è la segnalazione di un altro vuoto normativo, che riguarda la generalità degli alunni delle scuole secondarie di II grado.

  1. Modelli allegati al PEI: debito di funzionamento e tabella fabbisogni

La sezione 11 del PEI è dedicata alla verifica finale e alle proposte per le risorse professionali.

In tutte le varie articolazione del PEI è prevista la fase di verifica, ed è indicato lo “spazio” in cui registrarne gli esiti.

la questione non si regge neppure a livello linguistico.  Il GLO deve individuare il debito di funzionamento, l’intestazione del progetto riguarda la situazione iniziale in rapporto alle “capacità” dell’allievo e poi, Dimensione della relazione etc. “assente”, “lieve” …

Cosa è assente o lieve? La dimensione della relazione in rapporto alla situazione iniziale delle “capacità” dell’alunno? E dove si innesta il profilo di funzionamento?

Anche qui il linguaggio si avviluppa: debito di funzionamento sulle capacità? Cosa significa? Forse da qualche parte ci sono degli standard di “capacità” rispetto ai quali si va ora a quantificare il “debito” dell’alunno?

E poi, questo debito, dalle 4 dimensioni, si trasferisce automaticamente ad una classificazione, e una soltanto (ne parlo più avanti).

Il primo riquadro esce forse dall’ambiguità, dicendo chiaramente che quella che si va a definire è l’entità delle difficoltà: cade la maschera delle potenzialità. E delle difficoltà, se crediamo alle linee guida, secondo il “perimetro” tracciato dal profilo funzionale.

Il comma 2 dell’art. 18 l’ho riportato all’inizio e non ci torno.

Il comma 3 ci porta un passo in avanti negli scopi esatti di questa parte del PEI.

“Il GLO formula una proposta relativa al fabbisogno di risorse professionali per il sostegno e l’assistenza, con il fine di attuare gli interventi educativo-didattici, di assistenza igienica e di base, nonché di assistenza specialistica, nell’ambito dei range e dell’entità delle difficoltà indicati nella Tabella di cui all’Allegato C1”.

Ecco: la dizione “debito di funzionamento sulle capacità” diventa la base sulla quale si definisce (non nel testo del decreto ma nell’allegato che di esso fa parte), un range di ore di sostegno automaticamente richiedibili in relazione ai livelli di difficoltà.

Voglio soltanto segnalare l’assurdità del primo livello, in cui l’entità delle difficoltà nello svolgimento delle attività comprese in ciascun dominio … potrebbe essere assente. Se così fosse, quel bambino/ragazzo non avrebbe diritto alla certificazione, visto che questo è il quadro riassuntivo e non quello analitico, dimensione per dimensione. Voglio dire che potrebbe esserci un alunno che non ha alcuna difficoltà nelle autonomie di base, ad esempio. Ma ha consistenti difficoltà in tutte le altre dimensioni. Da qui sorge la necessità della certificazione. Ma un alunno che non ha difficoltà in alcuna dimensione, che ci sta a fare dentro la 104?

Comunque per un alunno certificato legge 104 che ha in ogni dimensione un livello di debito di funzionamento sulle capacità di livello lieve, si potrebbero chiedere da 0 a 6 ore di sostegno. Quindi anche 3 o 4 la settimana: se fa il tempo pieno su 40 ore di frequenza a scuola. Cosa assurda se si accettasse l’ottica pedagogica del PEI, che parla di sviluppo delle potenzialità: è chiaro che un alunno con lievi compromissioni, con un buon lavoro di supporto, potrebbe più facilmente avvicinarsi agli standard dei compagni e raggiungere una buona qualità della vita.

Il totale comunque non può superare l’orario di cattedra di un insegnante di quell’ordine di scuola. Nonostante ci siano montagne di sentenze che dicono diversamente.

Inoltre non si capisce come il GLO, anche accettando di lavorare su uno schema di questo genere (e secondo me non dovrebbe farlo), potrebbe passare dai diversi livelli che possono essere presenti in ciascuna dimensione ad una classificazione sommativa finale. Una dimensione che ha livello di difficoltà lieve, una grave, una molto grave e la quarta assente: che livello complessivo assomma? Ci inventiamo un punteggio?

Non vale neppure la giustificazione legata al fatto che si chiede di censire tutte le risorse potenzialmente assegnabili all’alunno raccattandole tra quelle a disposizione della scuola.

Potremmo certamente utilizzare ore di insegnante dell’organico dell’autonomia, togliendolo ad altri compiti (per esempio il recupero dei ritardi di apprendimento, per cui non ci sono altre risorse). Al di là della correttezza etica di questa indicazione (che dovrebbe restare l’ultima ratio), si tratterebbe sempre di personale non qualificato, non specializzato.

Molti anni fa un illustre pedagogista parlò dell’ “interdisciplinarità di Arlecchino” per indicare come la moda vigente al momento di parlare di interdisciplinarità, stesse generando insegnamenti in cui le varie discipline erano non integrate ma giustapposte come le toppe del vestito di Arlecchino.

Questa indicazione normativa, di formare la struttura di sostegno andando a caccia di “risorse” qua e là, assomiglia molto al vestito di Arlecchino, nuova edizione aggiornata e rivista.

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