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Nuovi dati statistici sull’autismo

Nell’ultimo mese sono stati pubblicati gli ultimi dati ISTAT sulla prevalenza dell’autismo negli scolari in Italia nel 2016-17 e quelli del CDC di Atlanta del 2014. Entrambi mostrano un aumento della prevalenza che meriterebbe, come scrive il CDC, un aumento delle attenzioni e delle risorse dedicate a questo problema.

 Il Rapporto ISTAT 2018 sulla disabilità nella scuola elementare e secondaria di primo grado nell’anno scolastico 2016-17 è l’aggiornamento del rapporto presentato nel dicembre 2016 sull’anno 2015-16

Cfr. https://www.istat.it/it/files/2018/03/alunni-con-disabilit%C3%A0-as2016-2017.pdf?title=Integrazione+degli+alunni+con+disabilit%C3%A0+-+16%2Fmar%2F2018+-+Testo+integrale+e+nota+metodologica.pdf

I casi di autismo vengono definiti “Disturbi dello sviluppo” abbreviando la dizione “Disturbi generalizzati dello sviluppo” oppure quella “F 84: Disturbi evolutivi globali dello sviluppo psicologico” così definiti ufficialmente dall’ICD 10, classificazione internazionale delle malattie dell’OMS oggi in vigore. “Sono caratterizzati da una compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo: capacità di interazione sociale reciproca, capacità di comunicazione, o presenza di comportamenti, interessi e attività stereotipate. Della categoria fanno parte: disturbo autistico; disturbo di Rett; disturbo disintegrativo della fanciullezza; disturbo di Asperger; disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato (compreso l’autismo atipico).”

Si noti che la rilevazione ISTAT comprende soltanto coloro che in base alla certificazione di cui alla legge n.104/1992 ricevono un aiuto e che la maggior parte dei casi di sindrome di Asperger non riceve alcun aiuto. Inoltre le due classificazioni ISTAT dei disturbi “Attenzione e Comportamentali” e “Affettivo-relazionali”, che sono molto presenti fra i casi di disabilità, potrebbero attrarre casi per i quali si cerca di evitare di segnare la diagnosi di Disturbi dello sviluppo, che si identifica con autismo.

Nel 2016-17 questa disabilità riguarda:

23.000 casi, il 25,6% dei 90.000 alunni con disabilità nelle primarie e

15.000 casi, il 21,7% dei 69.000 alunni con disabilità nelle secondarie di primo grado.

In totale sono 38.000, con una prevalenza dello 0,84% sul totale degli alunni, in lieve aumento rispetto all’anno precedente, 2015-16.

Ci si può attendere che si arriverà presto all’ 1% del totale degli alunni, così come ritrovato in una recente ricerca attiva dei casi di autismo in età 7-9 anni condotta sulla provincia di Pisa nell’ambito di un progetto europeo denominato ASDEU, che si vale della collaborazione della scuola per non perdere diversi casi altrimenti sfuggenti.

Cfr. http://www.superando.it/2018/04/24/una-fotografia-ufficiale-dei-dati-sullautismo-in-italia/

Se la prevalenza media dei Paesi europei si colloca sull’ 1%, in Islanda supera 2,6%. Cfr. The research into autism prevalence, Link, n.68, 2017, p.5-6 http://www.autismeurope.org/wp-content/uploads/2018/03/LINK68.EN_.pdf

 Il dato 1% è comunque molto superiore a quello derivato dal registro del sistema informativo SINPIA-ER, che per l’anno 2016 riporta una prevalenza pari 0,44% nell’età 6-10 anni, che comprende l’intervallo 7-9 di ASDEU, col quale è confrontabile. Il valore assoluto della prevalenza dell’autismo in carico ai servizi della NPI in Emilia Romagna è raddoppiato dal 2011 al 2017 ed è facile prevedere che aumenterà ancora, dato che nella classe di età inferiore, quella fra 3 e 5, anni, la prevalenza al 2016 è dello 0,53%. Cfr. Relazione PRIA anno 2016, Regione Emilia-Romagna, Direzione Gen. Cura della Persona, Area Salute mentale, Bologna, 2018.

 Il CDC di Atlanta ha reso noto in questi giorni il risultato dell’indagine eseguita nel 2014 sulla prevalenza dell’autismo fra i bambini di 8 anni in USA.

Cfr. https://www.cdc.gov/mmwr/volumes/67/ss/ss6706a1.htm?s_cid=ss6706a1_w

Baio J, Wiggins L, Christensen DL, et al. Prevalence of Autism Spectrum Disorder Among Children Aged 8 Years — Autism and Developmental Disabilities Monitoring Network, 11 Sites, United States, 2014. MMWR Surveill Summ 2018;67(No. SS-6):1–23. DOI: http://dx.doi.org/10.15585/mmwr.ss6706a1

Questa indagine viene effettuata dal 2000 ogni due anni sui bambini con autismo di 8 anni in 11 Stati diversi degli USA, valendosi della collaborazione della scuola e degli altri servizi di cura. La prevalenza dell’autismo è passata dallo 0,75% nel 2000 a 1,5% nel 2010, dato confermato nel 2012. Nel 2014 c’è una ripresa dell’aumento registrato negli anni passati e la prevalenza aumenta all’ 1,68%, pari a un bambino ogni 59.

Il risultato del 2014 era molto atteso perché nel 2013 gli USA hanno adottato il DSM 5 in sostituzione del DSM IV TR, e quest’ultima rilevazione ha utilizzato in parallelo sia la nuova che la vecchia versione del DSM. I risultati non sono sensibilmente discordanti e vengono smentite le previsioni di coloro che ipotizzavano un calo dei casi classificati con autismo, ad uso risparmio di risorse per le mutue ed a danno di qualche persona con disabilità. Il difetto di nascondere l’entità dei problemi per ritardare l’adozione di congrui provvedimenti è tipico piuttosto del nostro Paese, dove si sente spesso ripetere che gli americani esagerano sempre.

La serietà del CDC non può essere messa in discussione ed anzi si dovrebbe prendere ad esempio utilizzando la sua stessa metodica di rilevazione, che si fonda su due fasi distinte, in analogia a quella di ASDEU. Nella prima fase la scuola e tutti gli operatori sociali e sanitari collaborano per fare una prima selezione, dopo la quale intervengono équipes specializzate, che mantengono l’omogeneità delle procedure di diagnosi.

Il campione, pur essendo molto vasto, non ha la pretesa di essere rappresentativo di tutti gli USA. Permangono forti differenze fra un territorio ed un altro, intorno al valore medio generale 1,68 c’è in un intervallo che varia fra 1,31% e 2,93%. I maschi sono 4 volte più numerosi delle femmine. La prevalenza fra i neri non ispanici è aumentata, elevando la media generale, ma non ha ancora raggiunto quella fra i bianchi non ispanici. In entrambi i due sottogruppi la prevalenza è maggiore che negli ispanici. Si pensa che le condizioni culturali abbiano un loro peso. Il Q.I. del campione è inferiore a 70 nel 31% dei casi e supera 85 nel 44%; il restante 25% è nella norma. Questa distribuzione resta ben lontana dalla percentuale di insufficienza mentale riscontrata nel nostro Paese fra i casi di autismo diagnosticato, perché qui l’autismo dell’intelligente non viene riconosciuto. La conclusione della relazione americana, tradotta qui di seguito, dovrebbe valere anche nel nostro Paese, che a differenza degli USA investe così poco sul futuro: questi dati possono essere usati per la programmazione dei servizi, per guidare la ricerca sui fattori di rischio e sull’efficacia degli interventi, informando le politiche sanitarie e scolastiche per giungere a migliori risultati a vantaggio di tutti.

 Il motivo per il quale si può ritenere di essere arrivati al tetto della capacità diagnostica è proprio il fatto che secondo il CDC i bianchi non ispanici restano invariati, così come la percentuale di bambini che presentano anche un QI medio o elevato e la percentuale delle bambine, dove la diagnosi può essere più difficoltosa per le loro strategie di compensazione. Si pensa che in USA per questa etnia bianca non ispanica sia praticamente eliminata ogni barriera per l’accesso alla diagnosi, e la costanza di questo dato di prevalenza indicherebbe il tetto per le altre etnie, che gradualmente lo stanno raggiungendo.

Ovviamente quando il fenomeno reale dell’autismo aumenta, allora il tetto si alzerà per tutte le etnie.

Occorre distinguere l’effetto miglioramento delle diagnosi e l’effetto aumento reale del fenomeno.

Una ricerca danese attribuiva il 60% dell’aumento sul lungo periodo all’effetto miglioramento della diagnosi e lasciava un 40% non spiegato, e cioè presumibilmente questa è la parte dovuta ad un aumento reale del fenomeno in DK.

 Per fare una prima grossolana verifica si può guardare alle variazioni del totale dei disturbi del neurosviluppo in una regione e vedere se c’è un aumento, poichè se questo totale non aumenta mentre aumenta quello dei casi di autismo si può presumere che si tratti di una mera riclassificazione interna senza aumenti reali. Nel caso dell’Italia e degli altri Paesi che conosco purtroppo non è così, poichè c’è un aumento costante del totale dei disturbi del neurosviluppo, anno dopo anno. Un noto Autore, il Dr.Federico Bianchi di Castelbianco, Direttore dell’IdO di Roma, (cfr p.17 in http://www.ortofonologia.it/babelenews/archivio/babele_vol_3_2017[70].pdf), attribuisce l’aumento delle diagnosi nella prima infanzia (disturbi della condotta, dell’attenzione e dell’apprendimento) a due fattori: a) si diagnostica medicalizzandola la reazione dei bambini ai quali si richiede troppo, molto di più rispetto a 30 anni fa, in termini di prestazioni e nell’adeguamento alle regole sociali; b) si mandano i bambini all’asilo già a 18 mesi.

Personalmente ritengo che il fenomeno reale sia in aumento, e per altri motivi, come l’aumento dell’età di uno dei due genitori, la maggior efficacia della medicina perinatale che garantisce gravidanze un tempo destinate ad abortire e la sopravvivenza dei nati sottopeso o con altri gravi problemi che un tempo sarebbero stati causa di morte, l’inquinamento… La ricerca scientifica di base dovrebbe essere favorita con stanziamenti adeguati, diversamente da quanto accade in Italia, dove l’art.5 della legge 134 del 2015 viene dimenticato.

Art. 5

Attivita’ di ricerca

1. Il Ministero della salute promuove lo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative.

Carlo Hanau

Docente di programmazione dei servizi sociali e sanitari al master autismo di UNIMORE

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